giovedì 6 gennaio 2011

Poesie di Ledia, tratte dalla sua ultima raccolta "Me mujte me fjet' me kthimin e shpendve"

***

avrei voluto
il filo di porpora
del cielo
passarmelo in gola
e più a fondo nel cuore
e più a fondo nella testa
rimestare
le acque incandescenti
del firmamento fedifrago
per coloro che vivacchiano
di pochezza
i giorni son fatti
di aromi e tristezza

***

poter dormire col ritorno
degli alberi affogati
e il pigolare di mille volatili
padroni di uno sconforto senza cielo
capanne sfaldate e imbarcazioni d’idee
che fluttuano e sfiorano
febbre di labbra e nulla è di stagione

poter, col ritorno degli alberi dormire
se non nell'Anima altrove un poco d’inverno si avrà


***

schivare il ruzzolare delle pietre
a poco a poco per la pioggia tra uccelli
e al sole tra zampilli di buio conservato
coi nomi sotto il suolo del vento arrampicato tra i rami
prendere la nostalgia senza spedirti di là
alla visione tirare corone
fuggire la Voce che vaga per gli alberi
allo Spirare del Lago Leso
a poco a poco fuggire lo Scasso
l’ansia che la luna ti si riversi sulla schiena
i mozziconi rimasti nella riva le parole dette
tacciono avvolti in cenere

***

da torrenti e ciottoli dietro il sole rifulso
Déi senza grembo vo pregando senza posa
Morte mi chiude gli occhi e mi abbranca
mi ustiona e mi si para innanzi Maschio...
su cosa adagiare la mente se sei in acque siffatte
e lo Spirito che ti tange pare aguzzo
acre cinge il mare e sabbia non depone
sul fondo e non avvinghia radici solo giace...
non dormo più mai ero stata così lontano
spazî fuori da rotte migratorie di Déi mi si librano dal capo
il vespro butta le funi su qualche monte giallo
ah, potessero certe Morti non scritte incalzare...
avere lo Spirito che occorre all’avere vita
vestita chiazze di luce danzarla in barba al serpente
possa non succedere niente stretto ai fiori pallidi del seno
le cose s’illuminano d’immenso possa rimetterci il senso

***

rabbuiatosi l’involucro
che assimila i tetti
con ombre d’uccelli e ansie schizzanti
pioggia appetibile
che fenderà la luna
da altri oggetti e fosse aperte
ora è autunno
e il giorno arriva
seminando cielo terra e foglie
incalza su ciò che indugia
e va avviluppandosi
ed ha i propri suoni
e fa per farsi fonda
finché non tremi tutta
e tutta si ripieghi

***

quest’anima che batte per librarsi dalle ossa
è l’uccello che splende celeste nelle mani
e la notte che si fa incandescente
è l’inferno acceso e ben ci stia
il tempo è palpabile e si misura con farfalle
lo spiro del sole con le braccia e uccelli di passo
farfalle che vagano e si scrivono sulla terra
non raccontano non tacciono sanno e basta e muoiono
mi pare che dica è “bello” aprile e maggio
poi i giorni prendono fiato e si fermano da qualche parte nell’autunno
ah per l’oscuro uccello che porta pena tacendo
la stessa Morte per raggiungermi

***

è come sole vedere bruciare gli alberi
nelle notti diluviate quando morire è un aiuto
tornare a vita è fuoco spento a lutto
spiovono cenere gli alberi dal fuoco mozzati

dal cielo in terra lasciati cadere i sogni leggibili
il suolo parte basso con le cose chiuse in sé
rimani diroccata in nostalgia calante luce forestiera
ti trattiene a non finire a vedere alberi bruciare e bruciare

versione di A. Cani