giovedì 22 agosto 2013

BILAL XHAFERRI


Al poeta Ismail Kadare
 
Tu sei fiorito nella stagione dei rubli,
Mentre noi altri mangiamo il fango delle paludi,
Tu vai per le vie di Mosca intontando serenate
Alle Natasce, le Tatiane, le Katjenche,
Quando noi ci prendiamo le pallottole delle mitraglie.
Col velluto delle tue poesie copiate
Tu osanni dei boia gli stivali,
Stivali pesanti con chiodi insanguinati
Che hanno calpestato i nostri volti massacrati.
Tu venivi dai salotti dell'aristocrazia rossa,
Venivi da "Dasma" di gloria ubriaco,
Io venivo spedito dal cuore del popolo,
Venivo dal funerale di mio padre fucilato,
Venivo dalla sepoltura della patria libertà. 

Ci scontrammo al buio,
Come due nubi, in una notte di tempesta,
Ma sappiamo bene tutti che il bersaglio
Della mia furia non eri tu:
Io mi scontrai con la tirannia là
Gettai la mia vita tra le grinfie dei lupi
E con la mia morte faccia a faccia mi guardai.


Ballata çame

L'arcobaleno, come un saluto lacrimante
d'addio,
scomparve dietro le lontananze,
sulle creste delle fiamme,
nella pioggia.
Dietro le lontananze scomparve infiammata
la Çamëria
e tutte le nostre strade portano a nord.
Romba il vento mediterraneo sulle terre
antiche d'Epiro
sulle care terre nostrane
degli avi.
Solo i fulmini pasciono i pascoli abbandonati.
Gli oliveti non raccolti rombano come onde
nelle riviera. 
E dovunque la terra dei çamë,
di nubi ricoperta,
geme soffocata in lacrime e sangue, 
sfollata, 
terra senza dio.
Le pallottole ci mostrano il cammino
ci illuminano la via di fiamme, che hanno
inghiottito la terra intera. 

Alle nostre spalle la bufera sbatte le porte sfondate delle case.
E le vie si disperdono disperando verso nord.
Noi, popolo migrante, arranchiamo nella pioggia...
Addio, Çamëri!
  


(queste versioni in italiano sono da considerarsi provvisorie)
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