venerdì 5 febbraio 2010

Poesie di F. Rreshpja


FREDERIK RRESHPJA




LA MORTE DI LORA
poesie


Scelte e tradotte da Astrit CANI


L'opera di Frederik Rreshpja è poesia di prima classe del calibro europeo.
Hans-Joachim Lankch, (traduttore e letterato - Germania)



...la poesia di Frederik a me in quanto conoscitore della letteratura albanese, è parsa veramente di grande pregio.
Jose Riviera, (critico - Spagna)



...questa è una poesia sconvolgente e di una maestria che a noi americani manca.
Henry Israel (editore - USA)



...avrei voluto che Frederik fosse russo oppure io fossi albanese, poiché amo molto la sua poesia straordinariamente intelligente e sensibile. Noi abbiamo Puškin, Esenin, e gli albanesi devono essere fieri di avere cotanto poeta.
Ivanov (critico - Russia)



...sono rimasto sconvolto da questo uomo che possiede una genialità dei Balcani, che sono il luogo dove l'arte è nata.
Leo de Roi (critico - Francia)



...Fredi ha vissuto con la morte alle calcagna per lunghi anni, e non ha potuto che scrivere ogni sua poesia come se fosse l'ultima.
Shpëtim Kelmendi (scrittore - Albania)





VIGNETTA

Un salice ermo, coperto d’inverno
Spoglio da uccelli e foglie:
Come scoiattolo balza il vento per i tronchi
Col boccio di pioggia tra i denti

Le notti felici, da campanellini
Trillano sui rami della memoria…
Si profilano sullo sfondo dei lampi
Le lune che si sono mangiate le greggi

Cascato dal vetro infranto del cielo
Il cristallo di giaccio albeggia le notti
E sui pastelli di neve infreddolisce
Il salice triste, quale tragico Serembe .



AUTUNNO 1990

Piange il cervo in radura e le lacrime si fan pioggia
Si rattrista il vento sulla roccia
Non ci sono più foglie verdi. Stanno cadendo
I sogni dei boschi ad uno ad uno

Fuggono gli uccelli lo spogliarsi dei tronchi:
Addio, o boschi dei Balcani!
Solo un cespuglio azzurreggia ancora
L’ultima viola del canto d’usignolo

Ah, venga l’autunno senza migrazione d’uccelli!
Che venga il buon Dio, a prender in mano le stagioni!



PRELUDIO

O aria della sera avvolgimi, è ora che io muoia di nuovo.
Quando si chiuderanno i miei occhi, non ci sarà più mare
Per le imbarcazioni di lacrime.

Vado e lascio chiuse tutte le piogge.
Ma tornerò ancora ad ogni stagione che vorrò.
Sono stato la tristezza del mondo.
O aria della sera avvolgimi, è ora che io muoia di nuovo.


Ritorno alla città natia

Eccomi di nuovo tornato nella Scutari dei re
Eretta pietra su pietra
Sulle nude spalle
Di una donna
Dai fratelli traditori.

Sui rami della pioggia cantano gli uccelli
Sotto il grande albero del mezzodì
Le foglie cadono a ingiallire la mia anima.

Poi,
Io le scaravento al cielo per fare un autunno
Ma tu non ci sei più…

Ora
sei negli albori delle stagioni
per ciò non ti tocca più il gioco d’aria e di sole
che assurge sulle nubi come su un altare pagano.

Appaiono
Nel vespro le rose tessute di sole
Ahi ora persino le rose mi ricordano i camion con i ragazzi uccisi
Com’erano belli e giovani mio Dio!
Arrivederci ragazzi su un pianeta senza dittatura

Nell’aria
Appaiono i patriarchi della poesia albanese
Bogdani, Fishta, Mjeda e Migjeni
I miei padri vagano per l’aria perché hanno i sepolcri infranti.

Ora
Pure il marmo della mia voce è infranto
Ora
Che è scesa la sera e la statua della notte bussa sulla vecchia finestra

Dai vetri franti.



Ave, madre mia!

Sto sotto la pioggia. È questa l’unica cosa che voglio.
Che è questo? Chiedono le stille di pioggia sulla mia fronte
Così ho udito la voce della pioggia
Un giorno d’estate accanto alla vecchia quercia
Alla porta spalancata per gli uccelli.

Ahi, quand’ero giovane e bello credevo
Che tutte le piogge del mondo cadessero per me
Ma ora che tanti anni sono trascorsi
So che non fa senso alcuno che piova.

Ecco andata anche mia madre sotto una pioggia di marmo
Nell’archeologia degli dei che cadevano

Ave, madre mia!
Solo in te ho creduto
Altro Dio non ebbi mai. Amen!



Torso


Assurgi dal regno di pietra!
È da così tanto che busso sui marmi.
Mille anni e duemila.

Ci siamo baciati tra illiadi venerande
Quando gli Omeri suonavano la lira
O luna della pioggia, cieca maestosa!
Fai un Iliade per me
Quando sarà caduta anche l’ultima Ilion…

Sta chiuso nella pietra il mio cuore
Mille anni e duemila.


LA MORTE DI LORA

Giaci nell’ora vespertina come se i tempi ti fossero crollati addosso,
Pronta per l’eternità.
Non mi parli. Hai dato la tua parola alla morte, lo capisco.

Ma tu a questo mondo venuta sei per me, non per i cieli.
Siamo sempre stati insieme, fin da giovani,
E ora m’hai lasciato!

Mi fanno tristezza le stagioni. Tu lo sapevi
E dal mondo mi separa una via di miglia solitarie

Abbiamo detto cose che non saranno capite mai.
Abbiamo camminato per i secoli, davanti alle piramidi,
I nostri nomi erano scolpiti
Anche quando non avevamo la roccia.

Ma queste cose non saranno mai capite.
Come i vangeli.

Siamo stati belli entrambi, ma tu ora
Sei ancor più bella, con un poco di morte sugli occhi.


SHIROKA IN INVERNO

Non vi sono più uccelli. I voli sono cancellati.
Nulla fuorché la primitiva aura della pioggia.

La riva rimugina ai piedi delle acque
Sognando l’estate passata.
Nella sabbia dell’oblio io raccolgo
La ceramica del tuo ritratto.

Che breve questa estate, mio Dio!
Un pugno di sabbia e un pugno di sole.
Tutto il calendario dell’estate con un solo sabato
E tutto il sabato con un bacio soltanto.


Rimani, stasera da me


La luna sul fiume disegna
Un ponte per i sogni delle stelle;
Nube grigia, l’obliata nostalgia
Rimette il capo nelle mani della selva.

Venisti per la via della luna,
Sbocciarono ai portici le rose.

Rimani stasera da me
Il tempo che le rose dei tronchi morti siano mature.


IL GIARDINO

I leoni infranti della prima età
S’abbeverano al vecchio pozzo;
Su fuochi di rose Saadi riscalda le mani
Con un turbante di rugiada.

Sovente dai miti balzano fuori i satiri
E spalancano le porte delle ombre.
Rimira i sentieri notturni il gelsomino
E la luce gli scorre tra le dita.

Narciso sorge dalle gemme
Innamorato del proprio amore;
Io avverto sulla fronte gli scalpelli
Della primavera che dall’erba mi fa gli occhi.



Ad ogni modo

Ad ogni modo
Questo mattino mi morirà nelle mani
Ad ogni modo, la gente saprà inventarsi un mattino,
Come ha inventato i mari, le stelle, la pioggia
E le tante altre cose che non esistono.

La notte è proprio la tua ombra
Che hai mancato di raccogliere.

Ad ogni modo, io potrò scrivere liriche moderne,
Ora che è troppo tardi per cose che non esistono,
Come ad esempio la felicità.

O bei bambini, pioggia di fiori e quant’altro,
Per cui la Genesi incolpa il buon Dio!



Elegia

Sono fiorite le rose nel mattino
Di petali color lampo,
E mi sono rammentato dei canti passati
Che sono morti defunti in un’aria morta in ugual modo.

Esco in vano ad attendere alla porta avvoltolata
Con la mia ombra recisa dalla trascorsa notte.
Le rose lampeggiano in silenzio per la mia disgrazia
E io so che non verrai mai più.

Ma la notte mi trova così, come la statua dell’attesa
In un’aria che muore lentamente e fa inverno
Col pazientare del marmo che indugia per secoli sotto la roccia.























Requiem

Nuota nel ruscello di tutte le foglie cinto
Un giorno morto d’autunno
E gli ultimi migranti se ne andarono raggelati
Su occhi gialli in silenzio

Casca dagli alberi lo sgomento della neve
La valle incerata di luna
E le rene del vento si danno al pianto dolente
Con le corna di ghiaccio spezzate

M’è morto anche sto autunno, ho perso pure questo giorno
Col sudario di foglie secche
O invero delle renne colle corna al vento
Quale autunno dovrei piangere per primo?



I FIGLI DEL MARE

Le stelle del mare nelle tombe azzurre
Avvolte nella notte d’acqua…

Ora son figlio dell’aria, come nel primo giorno del creato
Dannato nel più biblico dei modi.

Ora sono figlio della luna.
Tutte l’altre isole sono false.
No, non c’è Itaca a questo mondo.

Non tornerò mai più,
Perché nessun rivo mi fu leale.



DOLORE

Nostalgia sale dalle radici e va in fiore.
O ciliegio che mia madre piantò
Io sono tuo fratello!

Entrambi ci ha cullati nelle sue mani:
Cresci, cresci figlio mio!
Cresci, cresci o ciliegio!

Ah, mia madre da una classe all’altra:
Figlio, gli dei si sono adirati.
Come era bello quando eravate piccoli
E pregavate entrambi la Madonna.

Culla il vento lo strazio delle foglie
O forse le mani della mamma disegnate al volo.
Cresci, cresci o ciliegio!
Io non fiorirò più a questo mondo…


MOMENTO

Il cielo assurdo, il mio sogno che un giorno avrei volato!

Capita alle volte che si faccia marzo
Ma la solitudine è d’inverno.

I tuoi occhi mi guardano da oltre l’orizzonte delle nevi
Alla fonte ove dormono le stagioni, danza il marmo delle leggende.

Stanotte tu diventerai pietra!
Non amerai mai più!

Il cielo assurdo, il giocattolo dei bimbi d’aria!
E io che credei un giorno avrei volato…



LASCIAMI VENIRE CON TE

Nel campo camminano i gitani e sulle spalle
I tamburi pendono come salme
Mentre gli spiriti del deserto
Non si sveglieranno mai più.

Dal nido della pioggia è volato
Il canto delle nuvole carico di pianto.

Lasciami venire con te!
Questo è il mio ultimo tramonto.
Io vengo da te per morire, non l’hai capito?

Devo proprio morire e devo poi
Cospargere il sangue mio sulle rose
Sotto una luna di Gerusalemme.



VENGONO I GITANI

Vengono i gitani con tamburi e luna
Alî, piangono e si sgolano.
Come in fretta hanno montato le tende
Attorno alla mia anima d’acqua.

Ero giovane ed ero bello,
Ero ardente in amore.
Ora tante cose ho trascurato
Per un po’ di luna e magia…

Si sgolano i gitani coi tamburi
Per i crucci dei deserti lontani.
Io veglio e veglio al rivo del fiume,
Dannato d’amore e di luna.

Il coro di rose versa lacrime d’oro
Di tamburi e luna, rattristato.
Ah, com’ero giovane e bello un tempo
Un tempo in un marzo passato!



DOVE ERI TU

Dove eri tu quando uscii da solo sotto la luna?
Su quale altra luna passeggiavi mai?

Dov’eri quando disegnavo il tuo profilo
Sul vetro del tramonto che si franse con triste cigolio?

Poi venne la notte piena della tua assenza
Poi rivenne la notte
E così sarà fino all’ultimo giorno delle notti.

Scesi alla fonte
Tenendo tra le mani il vaso fragile dell’aurora
Vidi il tuoi occhi conservati nella memoria delle acque.

La vecchia quercia ha smesso la corona autunnale
Come un sovrano che abdicasse.
Fa niente, a me questa maledizione m’ha raggiunto.
Ma come farà il bosco senza te? Come farà a farsi autunno?
O forse non si farà autunno mai più?
Allora a nome di chi cadranno le foglie?
A nome di chi verranno piogge, nebbie, arcobaleni?
Ah, cuore mio, torna a porre mano sulle stagioni!













BOZZETTI

I.
Non credere alla dannata magia
Del telefono infausto
Inviami il tuo verbo via folgore

II.
Manciata di proiettili sulla vetrata.
Metallo assassino! Giù alle radici dei terremoti.
Di’ non hai mai saputo che nel mondo ci son statue?



VECCHIA AMICA

No tu noi sei imbianchita vecchia amica
Ma l’amalgama pazzesco degli specchi
Ti ha coperta d’inverno.

Scappa agli specchi,
I stagni sono più onesti
Perché ti fanno narciso.

Ma come sei sparita tutt’a un tratto?
Eri così, piena di fughe anche da giovane…

Ti cercai per le hall degli alberghi,
Solo in un punto presso un vecchie bar,
Ala spezzata di gabbiano in fuga
Rimaneva un poco d’inverno da te.



CIELO DEI VERDI ANNI

Cielo dei verdi anni su becco d’uccello
Caduto sul boschetto di fiabe;
Dalla via lattea scende e scende
Il quadrifoglio d’oro del firmamento.

Le campane di stelle oziano in allegria
Recise dalla luna di maggio.
Il cielo dei verdi anni su becco d’uccello
Sparito alla porta dell’arcobaleno.

Spariscono alla porta tinta gli anni verdi
E mi ricopre la tristezza
Sotto una luna che non sa sorridere,
Nel mondo che non mi sa capire.


IL POETA NEL DESERTO

Assurdità senza alcun messaggio alle TV del mondo.
Di rado qualche nuvola, fuggita al gregge
Se ne va allo sbando sul paesaggio arabico.

Lui se ne sta a capo chino nelle mani del deserto.
Agli aerei fa cenni di saluto.
Aspetta una rondine che per sempre tarderà.



LE ALPI MALEDETTE

Le Alpi Maledette,
magia di pietra, disegnata con tormento.

Dolenza di una rapsodia dimentica
Ansima nel vento, chissà dove.
Dicembre cade a gocciole tra i pini
Spuntati dai verdi anni di Omero.

Nubi sui dirupi
Brandendo le scimitarre di pioggia,
Sul fondo dei ruscelli le spoglie dei lampi a biancheggiare.

Ma dove ti sei dissolto tu che facesti tutta questa sciagura
Solo per un bacio lasciato a metà?



PIOGGIA DI LUNA

Da arlecchino ch’è uscito a passeggio
Pel giardino dimentico dell’infanzia,
La luna afflitta tra le nuvole
Calpesta i ramoscelli della pioggia.

L’ermo lago sul rivo della notte,
S’inquieta tra le braccia del vento
E sotto la sirena dell’onda azzurra
Lacrima sul viso dormiente della leggenda.

Le stelle sull’asfalto come un vespero spezzato.
E i pioppi come monaci neri.
Nascosto tra gli alberi dove origlia
Antico assassino, lo strazio.

Eh, si potrebbe che il coltello dello strazio
Da qualche parte mi lasci giù per terra,
Nascosto in un tramonto incrinato
Nascosto tra piogge di luna…



LUOGO NATIO DELLA MADRE

Lassù la luna erige scale di luce sull’abisso
Lassù assurge il mio cuore
Forgiato dal legno di liuto

Lassù appeso nei rami di quercia
Ho la mia bisaccia di canti.
Ho perso il bastone per strada
Vicino al ruscello ha germogliato.

Ho visto l’infanzia di mia madre
Custodita nei riflessi delle fonti,
I canti della sua giovinezza
Ormai mutate in vento.


ELEGIA PER LA MADRE

Aereo che fugge per le nebbie
Reietto dell’isola di luce...
Ah, dove sei caduta, dove ti sei dissolta così?
È spuntata l’erba dai tuoi occhi,
È spuntata l’erba dalla tua voce.

Dai colli ora scende le notte pregando per te.
È questa l’ora in cui le ombre si prosternano
E tu stai rannicchiata sotto terra
Al marmo rovesciato degli dei…

Ora che non ci sei, non verdeggia più l’alloro
Solo la mia voce di gioventù echeggia su foglie gialle
E l’alloro porge corone in gloria al tramonto
Come era tutto un mondo quando c’eri tu
Ma ora è giunta solitudine che cancella ogni cosa,
Ora che solo da qualche parte all’orizzonte
I lampi si fanno la croce e brandiscono i coltelli.

Ah, dove sei caduta, dove ti sei dissolta così?
Mamma, mamma verranno le nevi
Cadranno sull’erba che è spuntata dalla tua voce…



CRONACA

Foglia fattasi uccello di dolore sugli ulivi.
Dal villaggio dinanzi sono usciti i vecchi,
Hanno rincorso gli animi vagabondi nell’aria
Verso la Via Lattea.

Gli uccisi sono stati sistemati in piazza della “DEMOCRAZIA”
Avvolti nelle lenzuola di "oggi sposi".

Ma la stampa ha detto che le elezioni sono state oneste,
libere e corrette. Così anche le TV

Hanno poi lavato via per bene il sangue
Agli ulivi dai tronchi contorti pel dolore.
Eh! Ulivi d’Albania e la vostra maledetta pace!



LA NEVE DI SETTEMBRE

Primavera è andata.
La luna non disegna più tronchi
Neppure nidi abbandonati la notte.

Vorrei farmi settembre
A spargere autunno sui boschi
Ma la neve, da illirica divinità
Ha mutato in marmo il mondo intero
Ché io possa scolpire il mio amore.

O illirica divinità della neve,
Fammi un oracolo per l’amore.

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